FRANCESCO A SCAMPIA, PORTA DI NAPOLI. PROFUMI DI PRIMAVERA, PAROLE PESANTI E… LA CORRUZIONE CHE “SPUZZA” di Pasquale Salvio

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Mentre la Tv rilancia, nel pomeriggio, le immagini dell’elicottero che, dalla Stazione Marittima di Napoli, riporta Francesco, Papa, in Vaticano, la mente e il cuore corrono al mattino, a Scampia. Ci siamo arrivati in metropolitana, presto. A piedi verso la Piazza dei Grandi Eventi, dove Giovanni Paolo II (che visitò Napoli tre volte) fu il secondo papa, dopo Pio IX, a calcare la terra partenopea. Lo seguirà poi, nel 2007, Benedetto XVI.  Sul colonnato dove è stato installato il palco sovrasta la scritta “quando la felicità non la vedi, cercala dentro“, installazione  del progetto “parole dal cemento” promossa a suo tempo anche dagli amici del Centro Hurtado e della cara amica prof.ssa Rosaria Iazzetta. La piazza va riempendosi: si conteranno oltre 12.000 presenze. L’animatrice della mattinata invita a salutare il Papa esercitando i presenti con un “Buongiorno, Francè”, che anticipa il napoletano “ ‘A Madonna c’accumpagna” di Crescenzio Sepe, arcivescovo della diocesi di Napoli. Il Papa ha scelto di iniziare da qui la sua stressante e intensa visita alla Città, dopo la preghiera alla Madonna di Pompei. Davvero Scampia è ancor più porta di Napoli. Sono presenti le parrocchie, le associazioni, le istituzioni, il mondo della giustizia e i confratelli gesuiti di Francesco, della Rettoria S. Maria della Speranza.

Quando all’orizzonte si profilano i due elicotteri, il saluto di Scampia al Papa copre il rombo dei motori e si colora del bianco e del giallo delle bandierine. Che lo accolgono, con striscioni, cartelli e canti, quando la “papamobile” attraversa i corridoi tra la gente, trasformando il piazzale in una "fetta" di piazza san Pietro. Francesco raggiunge la semplice sedia di legno sul palco, dopo aver salutato gli ammalati, letteralmente abbracciato da decine di bambini, pronti ai selfie di turno, cui si concede con affetto. Si siede e i bambini si accovacciano ai suoi piedi. Continua a scrivere la sua “enciclica dei segni”.  

 

“Quando i figli chiamano, il padre va…” ricorda Sepe nel suo saluto, sottolineando la bellezza di Napoli e  i mali che l’affliggono, a cui rispondere col Vangelo della Giustizia e della Carità e il linguaggio del cuore, quello dei napoletani.  “Ma nuie vulimm sentì ‘o Papa…!”, grida una donna dalla folla. Il programma, però, prevede prima l’intervento di tre persone, per porre altrettante domande-questioni al Papa. Corazon (Filippine), rappresenta gli immigrati e le persone senza dimora, e sottolinea l’importanza dell’essere accolti, cioè riconosciuti come figli di Dio. Un lavoratore lancia un appello per chi il lavoro ce l’ha, chi l'ha perso, o non l’ha trovato e sottolinea la  disperazione di non “guardare” avanti e il bisogno di credere nel futuro. Infine, un magistrato enumera alcuni delle ferite sociali: corruzione pubblica e privata, necessità di un’etica pubblica, la  devianza morale, la disperazione sociale. E chiede al papa di indicare un percorso di speranza. Ancora una voce si leva dalla folla:  “sei bellissimo, Francè!”.

La piazza tace, parla Francesco. “Ho voluto iniziare la mia visita da qui… Appartenete a un popolo da una lunga storia. Una storia mai facile, ma mai triste!”. E forse è meglio qui riportare solo alcune parole del Papa, senza commenti: parlano da sé. Innanzi tutto un omaggio a Napoli,  Città della gioia e dell’allegria, che vive una sfida: il male non abbia mai l’ultima parola. Non bisogna lasciarsi rubare la Speranza, è la leva dell’anima; è preziosa; ma è esposta ad assalti e ruberie. Risponde, poi, alle tre domande.

Bisogna accogliere i migranti come gente, come cittadini, come figli di Dio, non di seconda classe. Tutti siamo migranti verso un’altra patria. Tutti siamo in cammino.  Questa parola è scritta nella carne come nel cammino di vita: tutti siamo figli di Dio, amati, voluti, salvati. Tutti siamo migranti nel cammino della vita e ciascuno ha dimora fissa nella terra.

Il Lavoro. E’ un punto ch’è un segno negativo del nostro tempo; in particolare la mancanza di lavoro per i giovani (40% dai 25 anni in giù non ha lavoro). Che futuro hanno? E’ una responsabilità della Città, del Paese, del Mondo. E’ responsabilità di un sistema che “scarta”. Il problema non è il mangiare, ma il non poter portare il pane a casa, guadagnarlo. La mancanza di lavoro ci ruba la dignità.  Di cittadini, di donne, di uomini. Una voce soddisfatta dalla folla chiosa: “s’è vist’ ‘e jene!..”. Il lavoro a metà: è lo sfruttamento della persona nel lavoro. E’ schiavitù. Se è un cristiano che procura precarietà e lavoro nero e dice di essere cristiano, è un bugiardo: non lo è. Bisogna riprendere la lotta per la nostra dignità; per portare il pane a casa.

Giustizia e legalità:  cammino di speranza, buoni cristiani e onesti cittadini. C‘è bisogno di educazione, di educare per un futuro. Previene ed aiuta ad andare avanti. Una parola: corruzione. Se chiudono la porta ai migranti, togliamo lavoro alla gente: si chiama corruzione. Ognuno di noi può essere corrotto. Quanta corruzione nel mondo! E’ una cosa sporca, che genera morte,  che “spuzza”. Una società corrotta spuzza. Un cristiano corrotto non è cristiano: spuzza!

Chiesa e volontariato a Scampia: presenza cruciale. La buona politica è un servizio alle persone innanzitutto a livello locale. La buona politica: coniugare amore e carità. Fate buona politica! Napoli è sempre pronta a risorgere sulla speranza, sperimentata. La sua radice è nell’anima dei napoletani, soprattutto nella loro gioia e l’augurio è di andare avanti con questa gioia per la strada del bene, dell’accoglienza di tutti. E che imparino il napoletano tanto dolce e bello. Ci sia un lavoro perché tutti abbiano lavoro, ci sia pulizia dell’anima e della città. E  non ci sia “spuzza” della corruzione!

Nel chiudere il suo intervento, Francesco benedice il quartiere di Scampia e chiede: “Pregate per me. A madonna v’accumpagna!”. In un buon napoletano.

Il profumo della primavera che attraversa il verde di Scampia di una bella giornata di sole, sembra intrecciarsi con quello “spuzza” riferito alla corruzione. Icona  un po’ del destino di questa Terra, bella e ferita. Il Papa risale nel “papamobile”; la corona di bambini che lo ha circondato, ai suoi piedi sul palco, si scioglie. Di nuovo il bagno di folla, di credenti e non. Che sentono la sintonia con questo Papa, venuto “dalla fine del mondo”, dalla periferia di un sistema che ancora una volta le sue parole inchiodano alle responsabilità morali, sociali e politiche. Parole che chiedono, con umiltà e fermezza, a voce alta, dalla parte dei poveri e degli ultimi,  un cambiamento di Giustizia, di Pace, di Riconciliazione, di Dignità.

21 Marzo 2015: che sia per Napoli una nuova primavera, non solo metereologica. Di Vita. Glielo abbiamo scritto conferendogli la “carta d’identità n. 1 di Concittadino di Città della Gioia”.  Inizia una giornata intensa e faticosa, stressante nei tempi. Le sue parole e i suoi gesti si moltiplicheranno, eredità non da incorniciare solo, ma soprattutto da meditare e incarnare per la Persona umana, per la Comunità, per il Bene comune. “Buongiorno, Francè”!

Pasquale Salvio - Associazione "Città della Gioia Onlus" - Napoli

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