La nostra prima pagina, oggi 6 aprile, dedicata all'Aquila e all'Abruzzo. Guardando alla tragedia delle Marche. "IL BISOGNO DI RICORDARE, IL BISOGNO DI DIMENTICARE" di Luisa Nardecchia

IL BISOGNO DI RICORDARE, IL BISOGNO DI DIMENTICARE

Tra questi due bisogni viviamo lacerati e spaccati, all’Aquila.

Ovunque si sta sotto il giogo di questi due padroni tiranni, che si odiano e baruffano nella testa di noi cittadini. Il primo, il bisogno di ricordare, ti sveglia al mattino quando apri gli occhi e sei fragile, caldo di sonno. Come un martello ti picchia e ti dice “IO ESISTO, RICORDAMI! NON LASCIARMI MORIRE ANCORA!”. Ha il volto di chi non c’è più, dei muri dei vicoli antichi, dei selciati per giocare a campana, dei portoni di strade percorse per mano quando eri creatura, ha larghe finestre a mosaico, strade lucide di pioggia,  lampade accese, e pane sulla porta.

Il bisogno di dimenticare, invece, ti assale quando ti lavi la faccia e poi la sollevi allo specchio. Quell’acqua fredda caccia via il bisogno di ricordare come fosse una mosca, e ti grida all’orecchio: “DIMENTICA! VAI AVANTI O PERDI ANCHE IL POCO CHE RESTA”. Ha il volto dei ragazzi, dei giovani, delle case nuove, ha la voglia di ridere, ha l’odore dei mandorli, dei peschi fioriti, ha i sogni di un nuovo palazzo, odora di tintura fresca, e ha un balcone colmo di gerani che ti chiama e vuol vederti affacciato.

Scarti di lato. E inizi la giornata chiudendo i due bisogni tiranni, ricordare e dimenticare, in un angolo della testa, una gattabuia in cui li lasci a litigare. Lavori mangi fai la spesa ami sorridi cucini dormi perfino, con il rumore in sottofondo di quei due che baruffano, fastidioso ronzio dei due opposti, uguali e contrari, perennemente in lite. Uno si affaccia e ti racconta dell’Aquila bella té, poi l’altro ha il sopravvento e dice: “Quella è solo la parte di un tutto in macerie! Vai avanti, scuoti quella polvere dai sandali”.

Così viviamo all’Aquila, dopo quattro anni.

Dobbiamo imparare, ancora, forse è presto, ancora, per capire stralci di parole lontane:

“… Se resto, c’è un andare nel mio restare;

Se vado, c’è un restare nel mio andare”…

C’è un andare nel nostro restare, c’è un restare nel nostro andare.

Questa poesia di Gibran parla, non a caso, della casa che ti àncora indietro, e della strada, che ti proietta avanti. La regalavo sempre ai miei studenti prima dell’esame di maturità, stampata su carta pergamena, come augurio viatico per il loro futuro. “Restare e  andarsene – spiegavo loro - sono la stessa cosa. Perché da lontano senti la parte di te che è rimasta, da vicino ascolti quella lontana che ti chiama”, spiegavo loro, prima della maturità. Non siamo maturi, noi, ancora, per capire queste scarne parole. E’ presto, ancora: aspettiamo, impariamo, lavoriamo, ricostruiamo noi stessi, prima ancora delle case e delle strade. Prima o poi ricordare non sarà più un dolore, dimenticare non sarà più una fuga.

 Luisa Nardecchia (*)   

Semplicemente: grazie, cara Luisa!

(*) Luisa è prof al Liceo "Bafile" dell'Aquila con cui Città della Gioia Onlus è gemellata e con cui ha partecipato al concorso "L'Aquila 2019" nella fase finale. Luisa ha formato generazioni di studenti, che la amano e la stimano. Così come Walter Cavalieri e i tanti amici prof e non che abbiamo avuto la gioia di conoscere nelle nostre visite all'Aquila. A tutti il nostro grazie per la loro testimonianza di Vita. Nonostante.

Mentre organizzavamo questa prima pagina, la tragedia delle Marche: tre suicidi che interrogano la responsabilità civile e politica del Paese. Vai al link ad alcuni nostri pensieri, per un doveroso contributo alla riflessione.

La foto della fiaccolata di stanotte all'Aquila è tratta dalla rete internet. Foto di Luisa è di CdGOnlus.