SENZA DIMORA: UNA COPERTA DAVVERO MOLTO CORTA, DA ALLUNGARE

LA COPERTA TROPPO CORTA… E LO SFORZO DI ALLUNGARLA

Dopo un convegno  con e per  i senza dimora a Napoli.

Sono appena tornato a casa dall’Istituto S. Antonio la Palma che ha ospitato un interessante convegno sull’ “Essere senza dimora oggi”,  sintetizzato nell’efficace titolo “La coperta troppo corta”. Ospitati dalla cooperativa “La Locomotiva”, in occasione dei suoi primi dieci anni di vita, si sono riuniti esperti e operatori del settore, sia istituzionali, che del privato sociale e del volontariato, moderati  con consueto garbo e professionalità colta della giornalista Donatella Trotta.

Bello vivere la mattinata insieme a mia moglie Gabriella, co-fondatrice della nostra piccola associazione onlus “Città della Gioia”, che ha scelto, tra le sue linee d’intervento di volontariato sociale le persone senza dimora, avviando un percorso progettuale chiamato “Viandanti della Gioia”, in collaborazione con i giovani dell’Associazione Siloe. Per esprimere il nostro sentirci compagni di viaggio di queste persone e, in qualche modo, condividerne un po’ la condizione, le scelte, le risorse, la ricchezza di mondi interiori in cui è possibile trovare ancora la Bellezza e la Speranza, nonostante… E diventarne anche “voce”, nello sforzo di ridare loro risposte concrete possibili e “visibilità” sociale e politica.  Questo progetto, come gli altri, è supportato dal tessuto culturale e valoriale dell’Associazione, che trova nella sobrietà come stile di vita non solo una forma di testimonianza personale e comune, ma anche una ricerca e una proposta di nuove modalità e scelte economiche, sociali, politiche, più giuste e sostenibili.

Le mie condizioni fisiche non buone hanno condizionato la partecipazione ai lavori e, in parte, anche il mio intervento, gentilmente richiestomi alla fine della tavola rotonda. Tornato a casa, ho portato con me la ricchezza di un “vissuto” più che di una partecipazione formale. La febbre e i brividi “sotto le coperte”, sintomi di una parainfluenza precoce, mi hanno riportato al titolo del convegno e alla condizione delle persone con le quale cerchiamo di essere in qualche modo compagni di viaggio.

Persona, crisi, povertà, accoglienza, ascolto, relazione, memoria, posti letto, prima soglia e livelli di percorso di inclusione, invisibilità, politiche attuali di esclusione più che d’inclusione: parole che mi sono rimbalzate nel cuore e nella mente in una lunga notte di una banale indisposizione… Quanto è importante il contesto in cui si dà “carne” al Pensiero, alle Costituzioni e ai Trattati, alle Parole delle Fedi, alla Vita. Quanto decisivo è il volto dell’Altro, nella conversione di un’esistenza, nel farsi prossimo, nello sforzo di dare risposte al Bene comune a partire dallo sguardo degli ultimi. Che diventano i primi. Come giustamente hanno fatto gli organizzatori del convegno, aprendo i lavori con i versi della bellissima poesia di Maria, “io, vagabonda…” e l’acuta riflessione socio-politica di Angelo, entrambi soggetti protagonisti del loro percorso ed aiuto per quanti, come loro, sono in cammino.

Mi sono, quindi, imposto di trascrivere alcune delle cose che mi hanno colpito durante questa mattinata così intensa; anche l’intervento finale di Lucia, fuori programma, cittadina singola,  che ha sottolineato il rischio dell’autoreferenzialità, invitando a dare risposte  concrete alle emergenze, in vista dell’inverno, e strutturali rispetto alle esigenze complessive.

Tutto ciò si muoveva “dentro” di me, in una notte di piccola sofferenza fisica, al caldo della mia casa, del mio letto, dei miei affetti. Allora, non ho potuto non ripensare a come avrei vissuto quella notte sotto i cartoni e le coperte sporche e fradice di queste persone che vogliamo amare; alla stazione centrale, alla galleria, come in ogni angolo dei nostri territori... E ho avvertito, ancora una volta, il privilegio della mia condizione e il peso dell’allargamento della “platea” di quanti, a causa della crisi in atto, gonfieranno i numeri (incerti, ma sicuramente in aumento, come dai dati Caritas forniti nel suo intervento da Ciro Grassini ) del popolo dei senza dimora, che va ben oltre l’essere senza tetto…

“Prendersi cura”: un’altra delle “parole” emerse. Prendersi cura come cittadini, come società civile organizzata, come istituzioni. E insieme. E’ la sfida che ci lancia in avanti, a partire anche dai passi – pure significativi, come la Dirigente comunale Giulietta Chieffo ha illustrato – già compiuti, in particolare a partire dalla riforma degli interventi sulle politiche sociali previsti dalla legge 328 del 2000 (analizzati in una necessaria complessa articolazione dall’Assessore comunale Giulio Riccio), ma che tanti interrogativi ha posto e pone in Italia nelle applicazioni regionali. Politiche di welfare e nuove visioni, anche egoistiche, come quelle sull’immigrazione e la “sicurezza”, che sembrano riportare la centralità degli interventi sul rapporto assistenziale, più che su risposte concrete alla dignità  e alla centralità della persona e del lavoro, dichiarate dalla nostra Carta costituzionale. Prendersi cura: le testimonianze di Benedetta Ferone, della Comunità di Sant’Egidio, di Luigi Del Prato, Direttore del Centro di Prima Accoglienza del Comune di Napoli, di Giusy Libretti, Responsabile comunale delle politiche per i senza dimora e per gli anziani, di Rosario Di Lorenzo, Coordinatore per “La Locomotica” del Centro di accoglienza dell’Istituto La Palma, hanno dato volto e contenuto a chi con passione, dal fronte istituzionale e dal quello del volontariato e del privato sociale, si fa presenza appassionata, pur se limitata rispetto ai bisogni, nel rendere i Servizi più polifunzionali, oltre la sola accoglienza/assistenza, guardando alle molteplici esigenze delle persone accolte. Capaci di farsi compagni di cammino,  anche per anni, con discrezione e rispetto.

La sfida (orizzonte nuovo, tutto da percorrere nel nostro Paese) è  mettere insieme persone diverse e far parlare tra loro linguaggi diversi, come ci ha ricordato nel suo bell’intervento Paolo Pezzana, sottolineando con don Milani che “sortirne da soli è avarizia, sortirne insieme è politica”.comunicazione (che non è solo problema informativo, come ricordato dal Direttore di “Scarp’ de tennis”, Paolo Brivio) è un ulteriore fattore di crescita nella capacità di camminare insieme, una comunicazione che sia funzionale alla formAzione, come alla narrazione delle storie delle persone senza dimora e di quanti operano con e per loro. Perché, come diceva p. Antonio, francescano dell’Istituto La Palma, da quarant’anni alla Sanità, sono loro, i senza dimora, che permettono di convertirci e metterci in crisi positiva, invitandoci a far emergere dalla variegata presenza degli operatori al loro servizio la sensibilità che motiva l’accompagnarsi a loro. Richiede, credo,  uno sforzo culturale alla base del necessario  allargamento della “rete” e del restringimento delle sue “maglie”, evitando non solo l’autoreferenzialità dei singoli soggetti, ma quella di soggetti plurali, a volte impermeabili e poco comunicativi. E quello della

Lo sforzo è di allungare, insieme, “la coperta” oggi davvero  troppo corta.

 

Pasquale Salvio di Città della Gioia onlus

 

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