Pubblicato il "Rapporto sulla felicità del Mondo" in vista della Conferenza ONU di Aprile. Oltre il PIL...

L'ONU, il prossimo 2 aprile, darà vita ad un dibattito sulla "Economia della felicità". Per prepararsi a questo evento, tre economisti ricercatori in questa direzione alternativa alla tradizionale misurazione del benessere e della ricchezza in base al PIL, hanno prodotto come contributo alla riflessione comune il primo "Rapporto sulla felicità nel mondo" (World Happiness Report). Si tratta di John Helliwell, Richard Layard e Jeffrey Sachs.

La felicità dei popoli, sostiene il rapporto, dipende dalla sostenibilità delle scelte dei governi e da politiche che favoriscano, raggiunto un livello essenziale di benessere, l'inclusione sociale, lo spirito comunitario, la salute, l'educazione e la formazione della persona e della comunità. Parametri distinti e distanti da quelli che definiscono la "crescita" con riferimento al Prodotto Interno Lordo.

Il rapporto si articola in tre capitoli (“Stato della felicità nel mondo“, che mette a confronto le diverse misurazioni effettuate finora;  cause che determinano felicità o infelicità; implicazioni politiche di questi studi) ed è corredato dalla valutazione di tre casi: l’indice di felicità del Bhutan, le misurazioni allo studio in Gran Bretagna a cura dell’Office for National Statistics e le linee guida dell’Ocse per la misurazione del benessere soggettivo.

Sviluppo sostenibile (vedi Rio+20 Analisi del testo e Obiettivi del Millennio per ridurre la povertà estrema e promuovere l'inclusione sociale),il ridimensionamento degli obiettivi di crescita economica, che superi i limiti del PIL, puntando all'occupazione e alla qualità del lavoro, ad un forte spirito comunitario, a politiche di partecipazione inclusive, a miglioramenti della salute fisica e mentale, al sostegno alla vita familiare e alla formazione/educazionei. Insomma,  misurare la felicità, spiegarla, metterla al centro dell’analisi, trasferendone i risultati sull'azione di progettazione e di offerta dei servizi per la comunità civile.

La strategia proposta ricalca l’esperienza in atto nel Bhutan, tenendo conto delle specificità locali, culturali e di relazioni internazionali.

La "crescita" sarà necessariamente limitata dalla necessità di salvaguardare il Pianeta dalla distruzione in atto: è una drammatica constatazione che spinge in questa direzione. Ma non ne è il "motore" culturale: è ormai evidente che oltre una certa soglia la ricchezza individuale non dà felicità. Anzi....

Immagine del Bhutan tratta da internet