Sobrietà, stile di vita: avviamo la nostra rubrica.

 Avviamo l'utilizzo di questa rubrica sullo "stile di vita", che è l'orizzonte culturale - ma anche l'ambito sociale, economico e politico - di ragionamento e di soluzioni possibili, per contribuire a costruire una società più giusta, equa e "sostenibile".  Iniziamo col proporre due riflessioni fatte in un'iniziativa promossa a Milano da "Viaggio nel Terzo Millennio", a cui contribuisce uno dei relatori, professore dell'Istituto Orientale di Napoli, Massimo Campanini. Quanti desiderano proporre nel nostro spazio web documenti, segnalazioni, approfondimenti, proposte, possono inviarcele utilizzando la posta del sito.

Per un consumo critico a 360°

La Cooperativa Chico Mendes è una realtà di commercio equo e solidale di Milano. Fin dalla sua nascita, nel 1990, si occupa di vendere prodotti di commercio equo nelle Botteghe del mondo con l'obiettivo, attraverso l'attività commerciale, di sostenere i piccoli produttori del Sud del mondo, garantendo loro un giusto compenso, relazioni dirette e continuative e un accesso sicuro al mercato. Ma l'anima del commercio equo non è solo vendita di prodotti. Da sempre, infatti, un altro aspetto fondante di questo mondo è l'attività di informazione e sensibilizzazione su molti temi, che ruotano attorno a un nodo fondamentale, quello della costruzione di un modello di sviluppo più sostenibile per l'uomo e per l'ambiente. Per questo riteniamo che in una città come Milano, dove spesso sembrano prevalere comportamenti incompatibili con questo modello di sviluppo al quale aspiriamo - come il consumismo, l'intolleranza, la chiusura, la paura verso l'altro, l'indifferenza verso il disagio e la povertà... - sia essenziale offrire momenti di approfondimento, riflessione e confronto sulla realtà che ci circonda: in questo modo, infatti, è possibile acquisire strumenti utili a comprendere le dinamiche globali e locali che ci riguardano più o meno direttamente, per diventarne non più solo spettatori ma anche protagonisti attivi. Un consumo critico a 360° non si ferma all'acquisto di un bene prodotto senza sfruttamento, nel rispetto dell'uomo e dell'ambiente, ma passa necessariamente anche attraverso tanti piccoli gesti quotidiani compiuti con la responsabilità di chi è consapevole delle distorsioni che alcuni sistemi contemporanei producono e al tempo stesso è alla continua ricerca di comportamenti individuali e collettivi per contrastarli e contribuire così alla creazione di uno sviluppo più equo per tutti.
(Ombretta Sparacino)
Interventi dei relatori

Inseriamo il sunto dell'intervento di un relatore.
 
 
I rapporti tra Europa e Islàm
Massimo Campanini
docente di Storia dell'Islàm nell'Università di Napoli "l'Orientale"
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Ha ragione Franco Cardini di parlare in un suo celebre libro delle relazioni tra Europa e Islàm come della Storia di un malinteso. Si può infatti evidenziare come i rapporti tra Europa e Islàm, a partire dalla fulminea espansione araba del VII-VIII secolo, si siano dipanati secondo direttive che sono state sì alimentate da conflitti, ma che hanno visto, ancor di più e ancor più solidamente, l'intrecciarsi di rapporti e di fruttuose relazioni economiche, commerciali ma soprattutto filosofiche e culturali. Di questi conflitti e di questo interscambio, il Mediterraneo è stato il teatro privilegiato. Le guerre (prima l'espansione islamica verso Bisanzio e la Spagna, poi l'assalto delle Crociate verso il Vicino Oriente; quindi l'espansione turco-ottomana verso l'Europa balcanica e infine l'espansione coloniale europea verso il Nord Africa e l'Asia) non hanno mai interrotti i commerci, anzi li hanno resi più fecondi. I dinar d'oro musulmani circolavano nell'Europa ancora "barbara" di Carlo Magno; i Polo portavano a Venezia le spezie dalla Siria; Venezia e Genova per secoli intrattennero fruttuosi scambi con il governo ottomano a Istanbul, ma anche con i Mamelucchi d'Egitto o il sultanato del Marocco. La stessa guerra da corsa del Cinquecento fu un fenomeno "commerciale" che ebbe grande importanza per le "bilance dei pagamenti", per così dire, degli stati mediterranei.
Ma l'aspetto più fecondo è sicuramente la migrazione delle idee: prima dal mondo greco all'Islàm, quindi dall'Islàm al mondo latino e all'Europa "moderna". Il patrimonio della filosofia e della scienza greca, da Aristotele a Euclide o Tolomeo, fu salvato dall'Islàm dal disastro del crollo del mondo antico; e l'Islàm, attraverso la mediazione della Spagna e della Sicilia soprattutto, terre di confine e di interazioni culturali, trasmise Aristotele e la scienza greca alle università europee, da Parigi a Oxford a Padova e Bologna.
Le lingue europee sono intrise di terminologia araba, soprattutto nel campo scientifico e commerciale, come testimoniano termini quali chimica, zero, algebra, ammiraglio, cheque, divano, carovana, eccetera.
Ciò non ha interrotto tuttavia una continua "dialettica dell'alterità". Europa e mondi musulmani, in particolare i mondi musulmani mediterranei, si sono sempre visti come realtà nei confronti delle quali riaffermare, qualche volta con durezza, la propria identità e la propria specificità. L'Europa ha scoperto di essere tale grazie alle Crociate; l'Islàm rivendica la propria tradizione culturale nei confronti di una modernità europea che sembra espropriarla. Ciò non significa, è chiaro, che Europa e mondo arabo-islamico mediterraneo non abbiano caratteristiche proprie, anche irriducibili. Il fatto è che la diversità deve essere confronto e non scontro. Se nel Medioevo, il Cristianesimo ha quasi sempre dipinto l'Islàm come una perversa eresia e Muhammad come un sanguinario depravato, oggidì l'Islàm cede spesso all'impressione che l'Occidente voglia solo opprimerlo e colonizzarlo.    
Un dato di fatto è che il confronto tra i due mondi avviene, ormai da quasi due secoli, sul terreno della "modernità". L'Europa fece scontrare il mondo arabo-islamico con la modernità: la scienza, la tecnica, la potenza militare, il secolarismo, l'individualismo. Si ebbe un profondo influsso del pensiero europeo su quello islamico, come quello islamico aveva influito sull'Europa nel Medio Evo. Oggidì, è soltanto ovvio che, allorché si parla di migrazioni di idee o di modelli e si considerano le prospettive di un rapporto politico in ambito mediterraneo tra Europa e mondi musulmani, una questione fondamentale sia quella della democrazia e della democratizzazione. Il gioco di specchi rifrangenti induce a scorgere un'Europa e in senso più lato un Occidente che, convinti della superiorità o dell'unicità del proprio sistema politico e civile, sono desiderosi di esportarlo nel mondo islamico; e, dall'altro lato, un mondo arabo-islamico che fatica a democratizzarsi nelle istituzioni del potere legale e che in molti teorici dell'islamismo radicale rifiuta la democrazia come una eredità "demoniaca" dell'Occidente.
Il problema si ripropone sul piano (mal posto) della compatibilità dell'Islàm con la democrazia. È necessario infatti innanzi tutto evitare di confondere un concetto religioso (Islàm) con un concetto politico (democrazia). Che l'Islàm connetta strettamente la religione con la sfera pubblica del diritto di famiglia o dell'azione sociale, non significa affatto che connetta strettamente per principio la religione con la gestione dello stato. La rivendicazione dello stato islamico è una problematica tutt'affatto moderna, legata all'affermarsi delle correnti radicali, e non consueta nel pensiero politico islamico classico, dove si ebbe invece una precoce differenziazione tra autorità politica e autorità religiosa. Inoltre, esiste una solida rivendicazione, da parte di intellettuali musulmani, della fruibilità della democrazia per un (eventuale) stato che rispetti i princìpi della religione islamica, anche senza definirsi strettamente "islamico". John Esposito e John Voll hanno efficacemente argomentato sulla compatibilità non solo teorica di Islàm e democrazia. In tal senso, i destini dell'Europa e del mondo islamico possono essere paralleli ma non coincidenti, ognuno in grado di sviluppare fecondamente la propria prospettiva culturale e politica.