"Oltre il PIL: un nuovo glossario per un'economia alternativa" - UNA SERA TANTO UGUALE AD ALTRE, QUANTO DIVERSA di Alessandro Risi

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Il nostro spazio web è aperto a contributi, riflessioni, documenti a corredo del seminario "sobrietà e stili di vita. Nuovi orizzonti economici e sociali". Abbiamo chiesto ad alcuni partecipanti ai lavori un loro commento. Pubblichiamo quello di Alessandro Risi, giovane laureando in ingegneria, da sempre impegnato nella difesa dei Beni comuni e nella partecipazione civile. Lo ringraziamo, anche per i molteplici spunti di approfondimento che propone con serietà e passione. Invitiamo, chi desidera, a lascire il proprio commento all'articolo. Grazie!

UNA SERA TANTO UGUALE  AD ALTRE, QUANTO DIVERSA

La sera del 3 maggio è stata una serata molto simile a molti altri momenti che ho vissuto in passato nella mia vita; si è denunciato lo scempio che le regole del profitto e della finanza mondiale, ma anche nazionale, hanno causato ai danni del nostro pianeta e delle future generazioni; si sono ripercorse le vite di chi in passato ha già studiato il sistema economico – finanziario – produttivo e i relativi effetti, poco positivi e molto deleteri; si è accennato a qualche ipotetica soluzione più a misura d’uomo e che si allontana dalla solita logica del profitto individualista.

La sera del 3 maggio è stata una serata diversa da tante altre, una sera in cui ho voluto arricchire ulteriormente la mia voglia di essere più vicino alla realtà che mi circonda ascoltando nuove testimonianze ed esperienze; ho arricchito il mio bagaglio culturale e informativo, ho rivisto persone a me care e conosciuto nuove persone, tutte con la stessa voglia di cambiare il mondo, partendo dal piccolo per formare il grande, ma anche con la stessa domanda di come farlo; e così è iniziato un nuovo cammino, che raccoglie le esperienze e i risultati passati, che vuole coltivare nuove idee in prospettiva di riuscire a metterle in pratica in un futuro non troppo lontano.

Ho ascoltato con interesse gli interventi, basati su argomenti ai quali sono molto legato, li ho ascoltati per l’ennesima volta – attenzione! non in senso dispregiativo – ; secondo me, ci vorrebbero ancora tante altre ennesime volte fino ad arrivare ai grandi mezzi d’informazione di massa per far conoscere a tutti lo stato dei fatti; sarebbe uno dei pochi casi in cui ci vorrebbe davvero un plebiscito, ma non in senso di consensi, ma nel senso che finalmente tutti prendano coscienza della realtà che li circonda e inizino a riflettere e parlarne, così da poter fare tutte le scelte della propria vita con consapevolezza.

Riuscire a sensibilizzare le persone, la popolazione, la cittadinanza su certe tematiche è il primo passo affinché ognuno possa realmente sentire il contatto con la terra che calpesta ad ogni bivio della vita e valutare di volta in volta le conseguenze che l’una o l’altra scelta comportano. 

La colonna portante della sensibilizzazione è l’informazione, e durante l’incontro sono state date delle buone basi che potranno essere ulteriormente arricchite nel corso del progetto comune e delle proprie vite private; perché, come dice anche padre Alex Zanotelli, la vera politica si fa quando si va a fare la spesa, e quando si sceglie di parlare e discutere con gli amici e con la famiglia invece di rimanere inermi avanti la televisione. 

Non voglio fare discorsi troppo dispersivi che potrebbero comprendere tutto e niente, partendo dalla gestione dei rifiuti con gli inceneritori, arrivando agli effetti sulla salute, passando magari per l’isola di plastica che si è formata nell’Oceano Pacifico a seguito di sversamenti criminali e per lavori più o meno etici che rispettano o no l’ambiente, terminando con le ingiustizie subite dalle altre creature che popolano questo magnifico pianeta. Allora rimanendo nell’ambito dell’incontro riporto due semplici pensieri che mi sono venuti nel corso delle esposizioni.

La prof. Martirani ha fatto un excursus storico delle grandi personalità che avevano affrontato molto prima di noi le stesse problematiche di cui parliamo, e quando ad un certo punto ha citato l’anno 1968, sapevo già che avrebbe ricordato il magnifico discorso di Kennedy, che ho sentito più volte, ed è sempre attuale, e così ho capito che viaggiamo sulle stesse frequenze. Mentre la ascoltavo quando parlava di nuovi sistemi produttivi familiari, pensavo a quanto ci guadagneremmo tutti in benessere, salute, lavoro, rapporti umani; perché le attuali produzioni industriali sono talmente grandi da non permettere nemmeno di percepire gli eventuali danni sul momento, ma solo dopo anni, se no decenni, come per esempio è successo a Taranto con l’ILVA; invece produzioni a misura d’uomo consentono a chi le gestisce di rendersi conto in tempi rapidi di errori e danni e quindi anche di porvi rimedio prima. Inoltre con delle piccole comunità produttive si può creare quel contesto sociale che permette a tutti di dedicarsi anche ad altri aspetti importanti della vita, come gli affetti, la natura, le amicizie, la spiritualità, ecc. perché, citando Silvano Agosti, “Il lavoro è una parte importante della vita di una persona, ma non può essere tutta la sua vita”.


Successivamente, ascoltando il prof. Sorrentino che spiegava come si forma il PIL, inglobando al suo interno sia beni che servizi, come in un sacco, senza fare distinzione, pensavo a come ero venuto all’incontro: non essendo io di Napoli, ma di un comune limitrofo, avevo preso la circumvesuviana, come faccio quasi sempre. Riflettevo sul fatto che è un servizio, ma che funziona molto male, e quando qualcosa funziona male va aggiustato e questo contribuisce a far salire il PIL, ma visto che non ci sono i soldi si lascia andare finché regge, senza tener conto del malessere degli utenti che oggi ne usufruiscono perché tanto non entra nel PIL. Un giorno potrebbe anche essere commissariata, quindi entrare in una situazione di emergenza e quindi non rispettare nemmeno più le regole; questo mi ha fatto tornare alla mente quello che diceva Naomi Klein nel suo libro Shock Economy, in cui rivede le teorie di uno dei più grandi liberisti della storia, Milton Friedman, e afferma che per poter far andare avanti la politica capitalista e liberale c’è bisogno, in modo fisiologico, di violenti shock per non farla ristagnare; questi shock possono essere naturali (come le calamità naturali), oppure creati ad hoc (come le emergenze strutturali in alcuni settori nazionali). Il problema delle teorie di Friedman è che non tengono conto di ciò che è davvero importante, cioè il rispetto per l’altro e per l’ambiente in cui viviamo; questo non ha scalfito minimamente le sensibilità di politici potenti che hanno deciso di attuarle, come la Thatcher, Reagan, Berlusconi, ecc. e hanno deciso di gestire e governare i propri Stati secondo logiche aziendali, che sappiamo essere fortemente legate al profitto e non al rispetto dell’altro e dell’ambiente.


Purtroppo sembra regnare incontrastato un principio: assicurare la tranquillità dei mercati, che seguono i loro indici tra i quali il rapporto deficit - PIL, trascurando quelli che invece tengono conto dei valori che rendono la vita degna di essere vissuta. Ma è arrivato il momento di cambiare rotta e mettere in cima alle priorità il rispetto, e dunque far diventare legge quelle regole di buon senso che ormai sentiamo circolare da anni tra comitati, associazioni, movimenti; bisogna far circolare numeri veri, non statistiche fuorvianti: bisogna far capire l’importanza e la scarsità delle risorse, per esempio spesso sentiamo dire che l'acqua, in tutte le sue forme, copre il 70% della superficie terrestre; tale dato, se pur veritiero, è fortemente fuorviante, perché l'acqua, così come tutte le altre sostanze ha una sua consistenza, e il concetto di superficie è puramente astratto, non prevede profondità e non tiene conto della massa; allora, quando si vuole dare l'idea dell'effettiva presenza di tale risorsa, fondamentale alla vita, sul nostro pianeta bisognerebbe parlarne o in termini volumetrici o di massa. Infatti se si volesse raccogliere tutta l’acqua presente sulla Terra, in ogni sua forma, in una sferetta, secondo l’U.S. Geological Survey, sarebbe necessaria una palla di 1385 Km di diametro (cioè un po’ più lungo, in linea d’aria, dell’Italia), ovvero una sferetta minuscola rispetto alle dimensioni del pianeta. Di tale volume d'acqua, solo il 2.5% è acqua dolce, e di questa solo lo 0.1% è direttamente accessibile per uso umano. Lo stesso discorso si può fare per le foreste, per i terreni agricoli, per l’aria respirabile, per i monti e per tutte le altre risorse presenti, sempre ricordando che non siamo l’unica specie ad abitare questo bellissimo, ma anche fragilissimo, pianeta. Il mercato non può essere un regolatore delle risorse scarse, perché ci sarà sempre chi metterà più soldi per poi rivenderle agli altri in modo frazionato e quindi cercando il guadagno. L’unico vero regolatore è l’ambiente stesso, e l’uomo deve adattare i propri bisogni considerando tale limite, e considerando che esistono altri 15 milioni di specie viventi.


Tornando a noi e all’incontro, quindi abbiamo capito che bisogna conciliare due livelli di lavoro, uno più ristretto al proprio mondo, e uno da mettere in pratica su vasta scala; sono due binari che viaggiano paralleli nella stessa direzione: nel piccolo, ognuno di noi può fare la differenza, dal riciclaggio al riuso degli oggetti, dai consumi critici alla riduzione degli sprechi, dal rispetto dei luoghi pubblici alla solidarietà verso le altre persone e anche verso le altre creature che popolano questo pianeta; nel grande, chi governa e chi legifera deve fare le scelte giuste per preservare il benessere e la salute di tutti gli essere viventi, e dell’ambiente in cui vivono, in funzione anche delle future generazioni (un proverbio indiano dice “Non abbiamo la Terra in eredità dai nostri genitori, ma in affitto dai nostri figli”), come, per esempio, scegliere nuovi piani per la gestione dei rifiuti che non comprendano l’incenerimento (che non fa altro che distruggere materia prima e creare nuovi rifiuti, le ceneri, che sono ancora più pericolosi di quelli bruciati), oppure non permettere altre trivellazioni, in terra o in mare, solo per estrarre petrolio che si è formato nel corso di millenni e lucrarci sopra; e, ancora, dare spazio alle nuove tecnologie energetiche che sfruttano fonti rinnovabili e non inquinanti. Se gli Stati capiranno che dal rapporto Uomo – Ambiente dipende tutto, allora finalmente si potrà cominciare a ragionare su nuovi stili di vita sostenibili, che renderanno l’esistenza di ognuno di noi veramente degna di essere vissuta. Volendo rimanere nel nostro Paese, l’Italia deve tornare a fare l’Italia, può essere un prototipo per una nuova economia che mette al centro il rapporto Uomo – Ambiente citato prima, facendo scaturire da esso le soluzioni alle problematiche che oggi rimbombano tra la gente, dal lavoro alla questione energetica, dalla salute alla spiritualità e alla crisi dei valori, ecc. In Italia vanno valorizzati i luoghi e le risorse che la natura stessa ci ha donato senza abusarne, bisogna abbandonare le logiche speculative e bloccare i flussi di moneta digitale o cartacea e lasciare scorrere quelli più importanti, cioè i flussi d’acqua, di aria e di sole che rendono il nostro stivale un piccolo paradiso. Progettare i piani di sviluppo economico e del lavoro in tale direzione e mantenere al centro di essi il rapporto di rispetto tra Uomo e Ambiente permetterà di evitare qualsiasi forma di stagnazione sociale anche per le generazioni future.


Nella speranza che il piccolo diventi esteso e il grande diventi esiguo!

Che il piccolo diventi comune e il grande diventi inutile!

Che il piccolo diventi grande e il grande diventi piccolo!

 Alessandro Risi   

 

Immagini tratte dalla rete internet. La foto di Alessandro è di CdGOnlus