Cucina e tradizioni napoletane, a Natale. I racconti: "La minestra maritata" di Rosanna Soda

"La Minestra Maritata" di Rosanna Soda

Se ne stava tutti i giorni seduta su una sedia a guardare uno sprazzo di vita urbana piccolissimo, stretto com’era tra il palazzo di fronte, a pochi cm dal suo balcone, e quello che dava su Via Girolamo Santacroce.

Sospirava e guardava crescere i ragazzini del balcone di fronte mentre la bambinaia faceva i servizi.

 “Guarda c’a spanne ‘e panne, ma quante lavate fa?” e tutto il giorno a “intricarsi” cioè a farsi gli affari di quella famiglia, osservandoli. Piccolo ricordo di quando abitava  a Vico Paradiso, nel basso, di quelli con la porta a due ante: una in basso sempre fissa e l’altra in alto sempre aperta. Quel pomeriggio passai da casa sua dopo il lavoro e là la trovai, al suo solito posto, nonostante il buio novembrino. In attesa del caffè, mi venne in mente di provare a chiederle la ricetta.

“Nonna, ma ai tempi tuoi come si faceva la minestra maritata?” – Non era mia nonna, era nonna Go (Go era il diminutivo, datole dal mio bambino , troppo piccolo per saper parlare, del dispregiativo Belfagòr, soprannome affibbiatole dai nipoti dopo aver superato la novantina).

-          “ Eh! E’ ‘na parola! E chi s’arricord”.

-          “Era difficile, long’ assaje. Mamma mia la sapeva fare ma io….io null’aggia fatta ‘a tanto tiemp,  ‘A mangiavam quann’ ere piccerella!”

 

-          “Eddai nonna fai uno sforzo e la preparo– io incalzavo.

-          “ Proprio non ricordi nulla? Che so? Le verdure, il brodo?”

Le parole giuste per un lampo di memoria,

La vidi mentre posava la mano sulla fronte e portare lo sguardo oltre le tende chiuse, oltre la ringhiera del balcone, oltre il pezzetto di Via Girolamo Santacroce, là, verso i ricordi racchiusi tra Via Concezione a MonteCalvario e Via Roma, nella Napoli poverissima del ventennio e della guerra e poi del dopoguerra, quello del Mercato Nero.

La Menesta Ammaretata, già il nome mi fa girare indietro nel tempo, in un luogo ed in un tempo sconosciuti. Quando i “mangia-foglie” (il popolo napoletano) avevano trovato il modo di sposare un pochino di carne (tutta mista e anche di tagli poco nobili) con la tanta verdura che era a disposizione di tutti, anche di chi, bene che andava, si poteva permettere solo molta erba di campo e frattaglie. E quella crosta di cacio, buttata infine nella minestra, altro non era che l’anello nuziale di questa unione.

Tante sono le ricette e tanti hanno scritto questa storia ma io la volevo da Carmela, la storia della sua Menesta Ammaretata.

Avrebbe ricordato il chiaroscuro dei quartieri, il bruno dei pavimenti lavici dei decumani e la luce forte del sole vicino al mare.

 -          “ Aspe’!!! ‘j m’arricord ca ce vulevano sette qualità ‘e verdura e po’ ‘o bbrodo.

-          “Quali verdure?”

-          “Allora: ‘a scarulell, ‘a burraccia, ‘a verz, ‘ e ccicorie, broccoli di foglia del Vesuvio, friarielli, ‘jievusa, tutte guali!

-          E continuando,

-          “ Poi i brodi ‘e due diverse qualità: gallina e carne, ma nun m’arricord comme se facevano”.

Mi sembrava che lo sforzo fosse tanto e così me ne andai dandole appuntamento al giorno dopo.

Nel frattempo, al Monte di Dio, dove abitavo, avevo chiesto lumi alla mamma della baby sitter di mio figlio. Mi diede la sua ricetta. Moderna o classica mi toccava scoprirlo andando avanti chiedendo a nonna Go’.

Senza neanche chiederglielo , fu lei il giorno dopo a fermarmi davanti alla solita tazza di caffè delle 17,30:

- “M’aggia ricordato: ….. l’oss ‘e prisutt (l’osso di prosciutto). Mamma’ mia c’o mettev si ‘o ttruvava, ere difficile ‘a chilli tiempi e si ch’o metteva se teneva cc’o sale.

-“Epperciò – disse, continuando – “Faje cocere ‘e vverdure cu’ poca acqua e no tutt’anziemm; a parte aje priparà ‘o brodo ‘e gallina, ‘o brodo ‘ e carne e po’ ce miett ‘a tracchiolella, ‘o mascariello, ‘a nnoglia, ‘a coteca , l’oss  ‘e prisutt e si te piace ‘o piede do puorc”.

- “Quann ‘è fatt, “fai maritare” ‘e vverdure e ‘a carn ‘dint’a stessa cassarola e fa cocere n’atu ppoco. Aggiusta c’o sale e alla fine ce miett ‘na crost ‘e ffurmagg. Vir co’ maiale fa grass, tu l’aje caccià ‘a copp ogni tanto, accussì se fa bell  e bon’appetito!”

Mi sembrava completa e molto simile a quella della mia vicina (a parte l’uso del pollo e qualche taglio di maiale in meno). Adoravo quella minestra che trovavo sempre, il 25 dicembre, dalla zia R. ma in versione molto più light e moderna.

Quella che volevo era quella della memoria. Poi, guardando su altri testi, arrivai alla stesura finale (a me piace tanto ma invito tutti a dire la propria):

  In cucina, a Natale, con Rosanna  

La ricetta – Ingredienti.

Verdure: scarola, borragine, verze, cicorie, broccoletto nero di Natale, i Friarielli cioè le infiorescenze del broccoletto ma la loro fama li onora del mantenimento del nome napoletano senza traduzione, la bietola. Tutte con lo stesso peso (per una tavolata di 10 persone vanno bene 250 gr ognuna).

Carne:

brodo di pollame, una gallina o un gallo (1 quarto di Kg  va bene), carota, cipolla, sedano;

brodo di carne: un muscolo del manzo (io uso anche l’osso, che toglierò al momento giusto, per esaltare il sapore, 600 gr + osso), carota cipolla e sedano, e la carne di maiale. Un misto di: guanciale (‘o mascariello), l’osso di prosciutto, la cotenna, il piedino del maiale e una salciccia un po’ più grassa detta ‘nnoglia (se si trova, altrimenti salsiccia).

Grani di pepe e sale.

La ricetta – Procedimento.

Farò scottare le verdure separatamente, ogni volta che sarà pronta una verdura la metterò in un recipiente ed inizierò con l’altra. Userò poca acqua per non disperdere vitamine e sapori. La cottura, poi, continuerà nel brodo.

Nel frattempo (anche il giorno prima) inizierò a preparare i due brodi: io separo il pollame dal resto della carne. Cioè, preparo due brodi perché hanno sgrassature differenti.

In una pentola, metterò carota sedano, cipolla e gallina. Aggiusterò “moderatamente di sale” e aggiungerò qualche grano di pepe.

In un’altra pentola preparerò il brodo di carne con tutti i pezzi del manzo e del maiale e gli odori, con, in più, un chiodo di garofano puntato nella cipolla. Anche in questo caso, aggiusterò moderatamente di sale aspettando l’effetto dell’osso di prosciutto e avrò cura di sgrassare di tanto in tanto con la schiumarola non appena inizierà a sobbollire.

Al termine delle due cotture, toglierò le carni, filtrando bene i brodi che saranno uniti o maritati tra di loro e con le verdure. A quel punto inizierò a sfilacciare la carne mentre i brodi prenderanno sapore e la aggiungerò al brodo stesso. Due minuti  prima di servire butterò nella pentola (meglio se una pignatta) una “corchia” (scorza)  di provolone semipiccante e servirò bollentissima!

 

Piccola nota storica:

La Minestra Maritata io la mangio, come ho detto il 25 dicembre per “disintossicarci” dal cenone di Natale che tanto magro non è più. So che era minestra da mangiare il 26 dicembre, a Santo Stefano per alleggerire lo stomaco del Pranzo di Natale, allora molto più importante e grasso del cenone della vigilia. Ed è nota come Minestra di Pasqua, da mangiare la domenica della Pasqua.

Nel ricettario di Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, del 1839 ho trovato la ricetta più simile (e mi conforta la lettura della Signora Jeanne Caròla Francesconi che la pensa come me!).

Menesta de carduncielli”

Piglia li carduncielli, doppo che n’haje levato li struppuni, co doje detella ne lieve tutte lle fronne , lli lavi, o po lli ffaje sta’ dint’all’acqua fresca azzò se fanno janchi, doppo lli faje scolà, e lli faje cocere dinto a chillo stesso brodo janco.

Chesta menesta è assai bbona pe la matina de Pasca, mperò dinto a lo bollito pè fa venì lo brodo chiù grasso, nce vonno pure le sopressate , na nnoglia, na codella de puorco , no poco de la carne ncantarata, e si nce miette no bello saciccio, nce dà cchiù grazia”.

 

fonte dell'immagine della taverna napoletana: presepionapoletano.it

fonte immagine minestra maritata: dolcementetamara.it