Il dibattito sul nucleare


Le ragioni del no

Un altro punto di vista: resistere all’introduzione del nucleare civile nelle nostre terre è ancora possibile. Nonostante il Governo e i decreti.

Carla Bellani

Come è ben noto a tutti, il nostro Governo – col ddl 99 approvato in luglio del 2009 – ha deciso di ritornare all’energia nucleare nonostante il parere contrario degli italiani espresso nel referendum del 1989. Il decreto è stato preceduto da un accordo preliminare con la Francia
Si dice, ad esempio, che l’energia nucleare è in forte espansione in tutto il mondo. In verità, è in declino perché non economicamente conveniente in un sistema di libero mercato. Difficilmente una impresa privata è disposta a investire in impianti così costosi che presentano, oltretutto, rischi e incertezze di vario tipo. Solo le finanze statali possono garantire la copertura, dalla costruzione alla dismissione dell’impianto, includendo pure l’assicurazione in caso di incidenti gravi. Lo prova il fatto che dal 1990 il numero di centrali nucleari nel mondo è sostanzialmente stabile (440 circa) e, in futuro, saranno sicuramente di più quelle dismesse di quelle che entreranno in funzione. In Europa, dal 1995 al 2008, la potenza elettrica fornita dal nucleare è scesa dal 24% al 16%.
Si dice che l’energia nucleare porterà il nostro Paese all’indipendenza energetica.
Le centrali previste produrranno soltanto il 14% dei consumi elettrici, corrispondenti a un modesto 3,2% dei consumi energetici finali nazionali. Inoltre, esse non ci liberano dalla dipendenza dal materiale fossile, l’uranio, da importare – a caro prezzo – poiché il suo costo, negli ultimi dieci anni, è passato da 20 $/kg a 200 $/kg essendo in via di esaurimento.
Si sostiene che l’energia nucleare è pulita. Ma le centrali per essere costruite, alimentate con uranio, liberate dalle scorie che producono e, poi, smantellate, richiedono un forte investimento energetico, in gran parte basato sui combustibili fossili, che a loro volta emettono gas serra.

 

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