"Monnezza": le tante Napoli, le tante Città...
di Pasquale Salvio (foto dalla Rete)
Abito a Napoli, nel quartiere Avvocata, invaso in questi giorni da cumuli di rifiuti, putrescenti. Le poche campane per la differenziata non vengono svuotate (perché?). Regge solo la raccolta “porta a porta” per la carta. Ci teniamo in casa il resto, per evitare di contribuire agli accumuli di “monnezza”. Venerdì 22 ottobre. Devo andare all’ospedale “Loreto Crispi”. Prendo la metropolitana a Montesanto, attraversando percorsi nauseabondi, perché ottobre ci regala giornate ancora calde che contribuiscono a far fermentare i cumuli di sacchetti abbandonati che – si sa – contengono anche l’umido. Le scale mobili mi portano nel ventre della Città, dove i binari e gli altoparlanti restituiscono un minimo di normalità. Arriva il treno e dopo qualche minuto, la fermata successiva è Piazza Amedeo. Scendo. Esco in piazza e – miracolo! – mi appare un’altra città: cassonetti vuoti, persino i cestini a forma di cilindro con la busta linda e accogliente (a piazza Dante sono – in mezzo alla Piazza! – stracolmi e debordanti, piccoli totem di monnezza fotografati dai turisti attoniti, con lo sfondo della statua di Dante, imbrattata)… Percorro a piedi via Crispi, verso l’ospedale: cassonetti nella normalità, nessun sacchetto o cartone all’esterno… Avevo notato una cosa simile in precedenza a Via Petrarca… Insomma, un’altra Napoli, contemporanea e prossima alla mia di Tarsia e del Centro, separata da una collina e da un tunnel… Il ritorno, dopo la visita all’ospedale, non fa che accentuare ancor più la sensazione di vivere in una città-arcipelago, con quartieri-isole di diversa dignità sociale, accomunate però dal pagamento della medesima tassa sui rifiuti. C’è indignazione dentro di me, rabbia. Sento tutta la “distanza” del centro con le sue periferie, dei quartieri “bene” da quelli popolari. Una distanza non geografica, ma culturale e sociale, che appare sempre più non colmabile. Eppure lo sforzo di tanti è di contribuire ad un auspicabile scambio di specifiche ricchezze, per risolvere almeno i comuni problemi, per qualificare l’appartenenza ad un’unica comunità civile e promuovere il cosiddetto bene comune.
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