L'Aquila chiama Mirandola! di Luisa Nardecchia
Ad una settimana dalla replica, drammatica, del sisma in Emilia, abbiamo chiesto alla nostra amica dell'Aquila, Luisa Nardecchia, docente del Liceo "Bafile" - con cui abbiamo avviato un gemellaggio nell'ambito del nostro progetto "Stringiamoci la mano" dopo il terribile terremoto in abruzzo del 2009 - di scrivere una riflessione sulle esperienze dei terremoti in Abruzzo e in Emilia. Le sue parole nascono dal cuore di chi ha vissuto e vive sulla propria pelle le ferite del sisma; nelle pietre, sicuramente, ma ancor più "dentro" di sè, nelle relazioni familiari, sociali e politiche. Ma anche nella triste constatazione della convivenza, sulle macerie e sulla disperazione, della speculazione egoista e arrogante, personale e a vari livelli,col sacrificio di tanti sull'altare quotidiano dell'impegno personale e sociale. Per una "ricostruzione" promessa e tutta da realizzare. Per amore della Città e dei territori amati, da restituire al loro Popolo. Da abitare, per dare senso e volto alla Vita.
Grazie, cara Luisa! La nostra amicizia continua a rafforzarsi anche in questo "dirci" ciò che ci muove dentro e che vuole farsi anche strumento di dibattito costruttivo, nella verità e nella solidarietà, sia sul sito (invitiamo i nostri lettori a scrivere commenti in fondo all'articolo) sia su FaceBook.
Cara Luisa, sentiteci sempre vicini. Troveremo strumenti e strade per continuare a camminare insieme. Per costruire un mondo migliore. Per prenderci "cura" insieme anche del popolo emiliano, con amore, moltiplicando i nodi di una "rete" di solidarietà, di partecipazione, di promozione civile.
I tuoi e vostri amici di Napoli di Città della Gioia Onlus.
L'Aquila chiama Mirandola! di Luisa Nardecchia
Gli amici di Napoli mi chiedono una riflessione dall’Aquila sulla tragedia dell’Emilia. E’ scontato ribadire, a nome degli aquilani tutti, il dramma raccapricciante di rivedere le tende blu, la disperazione, i telecronisti in cerca di lacrime, i talk-show in cerca di colpevoli, i sismologi con la faccia da “non c’è da stupirsi l’Italia è sismica”, la Protezione Civile che sembra composta da volontari, e i volontari che sembrano invece professionisti. Perfino i monumenti-simbolo si assomigliano: per noi fu la Prefettura spezzata, per Mirandola è la torre dell’orologio spaccato. E’ normale e sacrosanto cercare istintivamente le somiglianze tra due drammi, è però doveroso riflettere poi sulle differenze, non certo per fare delle stupide classifiche, biecamente obbedienti al cliché del Nord lavoratore e del Sud piagnone, ma per capire meglio quello che ci è successo in questi tre anni. Si disse degli aquilani, i primi giorni dopo il sisma, che erano dignitosi e forti, combattivi e reattivi. Anche degli aquilani si disse che erano pronti a rialzarsi. Poi fummo trasformati in ingrati meridionali, per non aver accettato di vendere la città vecchia in cambio di pseudo-case nuove in periferia. E allora chi decide chi è “sobrio” e chi no? Vespa? Chi enfatizza il coraggio di una popolazione rispetto a quello di un’altra? Sgarbi? Discorsi beceri e grossolani, che “accomunano” e massificano dei giudizi sulle cittadinanze, per non dire sulle etnie, discorsi che si allineano su direttrici di gestione del potere, ideologie ben separate da quello che è, invece, il reale vissuto delle popolazioni. Non so se esiste ancora la Piramide di Maslow o se sia considerata ormai roba vecchia, ma ai miei tempi non potevi definirti istruito se non eri consapevole di ciò che Maslow aveva teorizzato sui bisogni primari e secondari: i bisogni di un individuo sono posti su una piramide. Alla base della piramide c’è la sicurezza, la sopravvivenza. Poi il cibo, poi la casa, poi gli affetti. Non puoi guadagnare un piano più in alto se prima non hai costruito quello più in basso. Salendo c’è il sociale, il politico, via via su fino all’arte, il massimo grado della piramide, ma anche il più lontano dalla base. Più stai in alto nella tua piramide, più ti dimentichi dei bisogni di chi è alla base. E tutto, ma proprio tutto, è determinato dalla quantità delle risorse a disposizione, diverse a seconda del livello della piramide. In questi tre anni di terremoto all’Aquila abbiamo constatato a tutti i livelli questo meccanismo, emerso in maniera limpidissima non appena le risorse a disposizione sono drasticamente diminuite. Abbiamo visto chi era al sicuro dimenticare il bisogno di sicurezza di chi non lo era, giurare il falso, approfittare, arraffare l’inutile. Persone protette, unite in clan, le abbiamo viste lucrare su altre che erano sole e si aggrappavano al poco rimasto.