Agli incroci: "A MILANO I POVERI NON MUOIONO DI FAME..." di Agnese Pellegrini
le foto sono tratte dalla Rete Internet
La nostra carissima amica Agnese Pellegrini, giornalista, ha voluto donarci questa sua riflessione sulla condizione degli impoveriti a Milano, la città dove vive. In particolare sulle persone senza fissa dimora, con le quali cerchiamo di camminare insieme col nostro progetto "Viandanti della Gioia" (cfr. "Agli incroci: i nostri cantieri aperti). La ringraziamo e lasciamo al lettore cogliere quanto Agnese comunica con parole che incrociano anche la sua esperienza di volontaria e di cittadina. A Milano, come a Napoli, la condizione di solitudine e di tristezza avvolge il popolo degli "invisibili".
A Milano i poveri non muoiono di fame. Neppure di sete. Tanto meno di freddo. A Milano la gente muore di tristezza. O di solitudine.
Loro preferivano che li chiamassi barboni. Il perbenismo borghese, che a volte contagia un po’ tutti, ci spinge a chiamarli senzatetto, senza fissa dimora o addirittura clochard, un francesismo delicato che però non nasconde la durezza della realtà: sono uomini senza casa, senza soldi ma, soprattutto, senza più affetti. Perché il vero problema è questo: a metterli sulla strada sono i problemi economici, le difficoltà di salute, la miseria… Ma, a farli restare buttati sulle panchine, è soltanto l’assenza di affetti. Ed è la mancanza di amore che li uccide.
I barboni a Milano vivono bene: lo ammettono loro stessi. Sono stata volontaria per oltre tre anni presso la Fondazione Fratelli di San Francesco d’Assisi, che ogni notte gira per le vie di Milano offrendo coperte, medicine e un pasto caldo alla gente buttata per terra. Inoltre, presso la sua sede, sono attivi un servizio docce, un guardaroba, un ambulatorio, una mensa, diversi dormitori… E la Fondazione è solo una delle tante realtà che a Milano offre assistenza ai barboni.
Nonostante le apparenze e i pregiudizi, Milano è una città dal grande cuore.
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