ABBRACCIAMI! racconto breve di Pasquale Salvio
ABBRACCIAMI...!
Racconto breve di Pasquale Salvio
In questi giorni la Città è piena. Più del solito. Speranza di restituzione della sua Storia, grande. Le luci del Natale, ormai imminente, la vestono di sogno, quasi a esaltarne la Bellezza. E a coprirne le ferite.
Il freddo di fine dicembre accarezza tagliente. Il sole muore dietro il profilo dei palazzi, mentre le Scritture della vespertina ritmano il cantico: “L’anima mia magnifica il Signore…”: la giovane Maria è accorsa, incinta, a servizio dell’anziana cugina, anch’essa culla di Vita nascente.
Fuori le mura della chiesa del Gesù, la Parola raggiunge Giuseppe. Gli hanno detto di stendere la mano, per qualche spicciolo di elemosina. Ma non ce la fa… C’è “distanza” tra lui e le parole, dolci e potenti, di quel Cantico. Si alza. Va via. Ricomincia il suo girovagare. Senza dimora. Il suo abitare la strada, alla ricerca di un riparo per la notte. E non per scelta. Quarant’anni, da un anno arrivato qui, in Città. Fuga. Da storie rotte, da amori finiti, da lavori precari e persi; e dalla famiglia, luogo ormai straniero. E non solo per la vergogna del suo alcolismo… C’è altro, c’è tanto altro che, come un tarlo, scava nel profondo, rode legami, sogni, relazioni… La moglie ha cercato altri approdi di vita ed altre braccia più sicure cui donarsi. Fuga. Fuga da sé stesso… La bottiglia di vino è ormai compagna di strada, complice, per non guardarsi dentro… Cammina solo, tra la gente, tutta eguale, e senza volto… per ricoprire passi già segnati, senza sorriso e speranza di esistenza.
Una fontanella regala acqua, quella pubblica, senza differenze. Basta il rumore dello scorrere, che si fa voce di vita rinnovante, e sente che già gli dà sollievo. Bagna i capelli, la faccia, poi le mani… Nonostante il freddo, gli regala un briciolo di tempo dove sentirsi parte d’un Creato ch’è Bellezza… Acqua… che lava, pulisce, che dà vita… Acqua che si fa mare ed Infinito, dove affogare la sofferenza del presente, dove far riaffiorare sentimenti antichi, sguardi di Umanità perduta; e desideri…
Sale San Sebastiano, strada di musicisti e di mercanti... Taglia, ignorato, la folla dei ragazzi che consumano i riti della notte intorno a pietre delle antica mura greche....In silenzio, va verso i giardini, laddove la Cultura e il suo Museo si fanno narratori di Storia e di Bellezza… Passi già fatti verso sonni di amarezza; un po' di vino per non pensare ancora… La Città s’appresta al suo riposo…
***
Miriam, giovane donna dall'incarnato scuro; bellezza violentata e sguardo fiero… Spinge, per altra strada, una piccola traballante carrozzina… spinge con forza, e vigore la sua vita... Appese alcune buste e una coperta. E dentro, un Bimbo… Occhioni neri, che cercano il suoi occhi, bocca che cerca calore nel suo seno…. Vento di fame e di disperazione scaraventata l’ha dal suo Paese, oltre quel mare, che oggi è un cimitero; oltre muri e frontiere, odio, egoismi, di leggi che dicon sicurezza … Il suo girovagare è ancora, e sempre, un ricercare pace, libertà, e futuro. Come la Donna del Cantico, era incinta. Ragazza-madre, abbandonata dal maschio al suo destino. E nacque il Bimbo; in terra italiana, e già straniero… Nessun lavoro per donna con bambino; ma solo briciole che cadono dalla tavola imbandita del consumo, e scarti dal cassonetto dei rifiuti… “Invisibili”… anch’essa ed il suo Bambino… Eppur l’amor di tanti si fa dono: un panino, un po’ di latte… un biberon… E un tetto? No, neanche un giaciglio al dormitorio…! Anche per loro la strada è l’abitare, il vivere, e il far finta di sognare… Il Bimbo piange… Miriam si china sul “cucciolo”, lo prende, l’accarezza, e se lo porta al seno… Petto di Mamma… Incrociano gli sguardi… e il mondo si fa Luce… nonostante…
***
Nel giardinetto, dietro una fontana, il buio, quello che fa paura… Un lampione, discreto, disegna profili d’altra gente: è il piccolo popolo che abita la strada. Poche panchine, già letto per alcuni… per altri un porticato… ad altri ancora il selciato ricoperto di cartoni… Ronde di solidarietà sono passate…: un panino, un indumento, un poco d’acqua… La “civiltà” è lontana, oppur distratta, oppure ignora. Occhi e cuori lontani, per “vederli”, e amarli… Finestre chiuse danno voce al buio, tenue rumore che copre quel dolore…
Giuseppe aveva conquistato una panchina. Una coperta, la sciarpa, e un ciel di stelle, che quella notte brillavano di più. Si stese… e fu rapito da quel manto nero e il punteggiar di luci... lo sguardo quasi come un ricercare stelle cadenti, come in estate… per dirsi un desiderio, e per sperare…
S’avvicina la donna e il carrozzino… Non c’è più spazio, nè posto nell’ ”albergo”…
“Saranno sempre i poveri ad aiutarsi”… disse un amico al cuore di chi scrive. Giuseppe s’alza e lascia la bottiglia… ”Vieni, ti faccio spazio…. E per il Bimbo, mettiamo la coperta sul cartone… vedrai che starà bene e dormirà…”… Miriam, in silenzio, s’accomodò, col “grazie” che dal suo cuore non venne su in parola…
Mentre che la panchina si riempiva, giunse un gruppetto a portar cibo, e una parola amica. Ma quella sera fu per loro scuola. Perché, nel ringraziare, un uomo disse: “abbracciami, amico mio! Ciò che ci serve, com’ acqua quand’hai sete nel deserto, è il tuo calore, segno del tuo affetto; sentire le tue braccia, ed il tuo amore…”.
Ed il ragazzo, scordò le sue paure, le resistenze e tutto quanto frena… Come Francesco, spogliato di ricchezze, che convertì la vita in un abbraccio, sotto il lampione strinse le sue braccia intorno a quel “barbone”… E fu silenzio, ch’è parol di Vita. Se ne andò aiutato ed arricchito, con molto più di quanto aveva dato, a riveder sé stesso, e la sua vita…
***
Mentre accadeva ciò quella panchina, piccola “casa” s’era ritrovata… Giuseppe e Miriam, col piccolo Bambino: una Famiglia, sembrava invero nata…
Fu proprio allor che un’auto si fermò, col bagagliaio colmo di vacanza; sul marciapiede, al palo abbandonò un cucciolo di cane, un po’ in distanza… Giuseppe se ne accorse; e corse allora a scioglier quel batuffolo sfizioso: gli occhioni tristi, di chi si sente cosa… Lo prese… e accarezzò… lo strinse al petto… e il cucciolo, contento, lo sleccò… La panchina lo accolse col suo letto…
Col Bimbo tra di loro e il cucciolotto, Giuseppe e Miriam si ritrovarono stretti, abbracciati, nel silenzio della notte… Per tetto il cielo: sembrava proprio casa! Notte di stelle… a mille e ugual per tutti… notte di stelle fatte per sognare… la vita, insieme; e, nonostante, amare…
E’ mezzanotte. Qualcuno spara i fuochi. “Cade” una stella, e traccia, come un lampo, nel Cielo sconfinato scia di Luce… Che si fa raggio, fino alla panchina, con la sua Vita, il sogno, e il suo destino.
E’ mezzanotte. Una campana suona. Arriva il camion della nettezza urbana. Scendono dalla cabina i netturbini e si fermano davanti alla panchina. La luce della Stella si fa dono, illuminando Natività di Vita. I due contemplano “dentro” questo fatto… desiderando per loro ogni Bellezza.... E la dolcezza s’accompagna a tenerezza.
Pasquale Salvio
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